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Titoli

SINTOMATOLOGIA DELLA PIGRIZIA

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LE TENTAZIONI DI SANT'ANTONIO

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LINGUA, LINGUAGGI E MODI DI DIRE

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IMPREVISTI

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­IMPERDONABILI OMISSIONI NELLA "DIVINA COMMEDIA

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COME T’INCASINO L’ARCHEOLOGIA

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METEMPSICOSI

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GRAFOMANIA

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SINTOMATOLOGIA DELLA PIGRIZIA
Facile la diagnosi, molto più impegnativa la terapia

Luigi XVI in una mia elaborazione da 2D a 3D

Il pigro lo si riconosce da neonato. Non è che ce l’abbia scritto in fronte, ma, dal momento che i vagiti comportano pur sempre qualche sforzo, lui evita di farne spreco. Perfino se si è cagato addosso o mentre crepa dalla fame si lascerà andare a qualche debole vocalizzo, trasferendo ad altri l’incombenza di decifrarne i bisogni.

Quando avrà cominciato a camminare (impresa che, è scontato, lo sbatteerà al fondo della classifica sui mocciosi del quartiere) sarà d’obbligo portarlo ai giardinetti. Ma non vi sognate di traumatizzarlo spingendolo a forza lungo la scaletta dello scivolo o tra quei mucchi di plastica che ricordano quarti di gruviera. Potrete invece conquistarvene la gratitudine tenendolo per ore sulla giostrina che, ovviamente, vi toccherà spingere a mano.

Trovandovi alle prese con uno di questi pargoli fareste bene ad allenarvi per tempo in previsione delle malattie tipiche dell’infanzia. Fin troppo scontato che, al verificarsi dei primi sintomi, il soggetto assumerebbe atteggiamenti prossimi al coma, costringendovi a trascorrere lunghe ore ad imboccarlo ed a scacciargli le mosche dal capezzale.

Anche tra i pigri si annidano i deficienti, ma non è detto che menomazioni del genere debbano rappresentarne una costante. Nulla esclude, anzi, che il nostro possa rivelarsi più intelligente del richiesto. Ciononostante il suo rendimento scolastico non sarà mai dei i più esaltanti. Questo perché impiegherà una vita a tirar fuori i libri ed a consultarli. Nei compiti in classe è destino che consegni per ultimo lavori, connotati, di norma, da una sinteticità che rasenta la stitichezza. Dipende dal richiamo che gli giunge dal profondo inducendolo a regolarsi sul sapiente adagio del "Mai fare oggi quello che potresti rinviare a domani. Affida ad altri le urgenze e, in mancanza di volenterosi, vedi di farla breve e col minor sforzo possibile". Non per niente i suoi proverbi preferiti saranno del tipo "La gatta frettolosa ecc."

Al pari dei suoi coetanei, conserverà lui pure i ricordi del tempo di scuola, anche se diverso sarà il loro contenuto; poche cose gli resteranno impresse più delle mosche vaganti per l’aula, e sui cui costumi (non esclusi quelli di natura sessuale) avrà avuto tutto il tempo per documentarsi come si deve.

Giunto il momento di trovarsi un lavoro, il soggetto opterà per quelli del tipo: guardiano di museo (a patto che si tratti di edificio in stato di perenne ristrutturazione). Qualora, invece, costretto a rinverdire fasti di gloriose imprese familiari, dovesse abbracciare la carriera delle armi, potrebbe dare il meglio di sé in ruoli analoghi a quelli espletati dalla guarnigione de "Il deserto dei tartari".

L’optimum sarebbe un’occupazione al catasto, dove c’è, tuttavia, da mettere in conto che i suoi simili, già arroccati su siffatte privilegiate postazioni, avranno provveduto per tempo ad asserragliarvisi, spalmando strati di colla tra sedia e deretano; consistenti al punto che (stando a certe voci) non pochi arriverebbero a restarci anche dopo morti.

Una visitina tra le pareti domestiche del soggetto preso in esame sarebbe quanto di più prezioso per approfondire implicazioni legate alla sua patologia. Ma, occhio a non commettere l’imperdonabile errore di confonderlo con sozzoni e confusionari; la cui tipica caratteristica resta quella di mantenere la casa in condizioni identiche a come la lascerebbero degli svaligiatori disturbati dalle sirene della benemerita.

Poiché il trasporto di masserizie, al pari del loro accatastamento, comporta qualche sforzo, la casa del pigro finisce spesso per somigliare a residenze che hanno avuto a che vedere con l’ufficiale giudiziario. C’è quasi niente, ma quel poco su cui l’occhio arriva a posarsi risulta immancabilmente coperto da una coltre di polvere più spessa di quella che ricopriva le suppellettili di Tutankamon al momento in cui se ne rinvenne il sarcofago.

La sindrome da pelandronite cronica ha origini che si perdono nella notte dei tempi. E chi oggi dovesse scoprirsene addosso sintomi inequivocabili potrebbe consolarsi riandando, col pensiero, alle schiere di illustri scansafatiche che sempre hanno scandito i tempi della storia.

Qualche esempio di antichi personaggi colpiti da tale morbo e destinati ad alterne fortune?

Tra i meno invidiabili spicca quello offertoci da Luigi XVI.

Era da prima della presa della Bastiglia che i suoi ministri si sgolavano per fargli decretare lo stato d’assedio. Ma quello continuava a tergiversare, tanto che poi le cose presero la piega che ben conosciamo. I familiari non facevano che ripetergli "Squagliamocela, che qui si mette male!". E lui niente. I piani di fuga andavano ad ammucchiarsi l’uno sull’altro senza che Luigi si decidesse. Quando (dopo che anche il più rincoglionito degli aristocratici provvisto di palanche aveva traversato la Manica), strattonato dalla moglie, si decise a montare in carrozza, attaccò a viaggiare alla velocità d’un bradipo. Cosa che, se i rivoltosi non fossero riusciti a catturarlo, non voglio nemmeno pensare a come i posteri avrebbero potuto giudicare la Rivoluzione Francese.

   

Decisamente, tra i meno sfortunati, si collocano molte figure di religiosi. Tutti (o quasi) destinati alla gloria degli altari. Nulla a che vedere, naturalmente, con missionari e tanto meno con martiri; trattandosi di soggetti che, con la scusa della meditazione, e predisposti all’estasi ogniqualvolta si profilava all’orizzonte una qualche forma di lavoro, avevano trovato il sistema più pratico per evitare di rimboccarsi le maniche.

Poniamo che ci fosse da spaccare la legna. "Dove si sarà cacciato stavolta fra Timoteo?". E prontamente giungeva dal priore l’ammonimento a non rompere i c. a chi se ne stava nella propria cella tutt’intento a studiare da santo e che, magari, proprio in quel momento era alle prese con la levitazione (ovviamente realizzata col robusto ausilio di chi doveva sobbarcarsi lo sforzo per tenerlo sollevato quattro spanne sopra il letto).

USCITA

LE TENTAZIONI DI SANT'ANTONIO 

Non s'è mai capito con esattezza come facesse, ma stando alle versioni canoniche, pare riuscisse a sottrarsi alle tentazioni del demonio che, "adescandolo sotto le sembianze d'una bella donna cercava d'indurlo al peccato".
Secondo me, i casi sono due.

IPOTESI n.1
Di fronte alla lusinghiera apparizione, il religioso, quantunque normalmente allupato, potrebbe essersi fatto qualche ragionamento del tipo
"Ormai, a forza di penitenze e digiuni, mi sono ridotto pelle e ossa, al punto da dover regalare lo specchio per evitare di farmi schifo. Non parliamo di palanche; che quì non ci scappa un nichelino nemmeno se mi appendono per i piedi. Dove mai s'è vista una così gran bella sventola intenzionata a folleggiare con un tipo spiantato e per giunta racchio?...Huum!...La cosa non mi convince; anzi, diciamolo pure francamente, mi puzza parecchio di zolfo. Vuoi vedere che si tratta di quel poco di buono di Satana?
Oddio! E' vero che 'ogni lasciata è persa' e, tutto sommato, stante la gratuità della prestazione.........Tuttavia, quando si ha a che fare con l'intervento del maligno, c'è sempre da mettere in conto quell'antipatica faccenda di 'pentole e coperchi' che potrebbe costarmi lo sputtanamento. Come l'aggiustiamo poi con i parrocchiani? ADDIO QUESTUA! ...Buona donna, avreste per caso della salsiccia oppure qualche caciotta che vi avanza? Sa com'è? Al convento.......E, quella, senza nemmeno lasciarmi completare la richiesta:
"Ma va!....Vai a farteli dare da quella grandissima p. con la quale ti hanno visto scopicchiare in convento!"
"E sarrebbero c.! Passi per le penitenze, e pure per saltuari digiuni, ma la fame; quella vera è una gran brutta bestia!.....No! No! e poi No!"

IPOTESI n. 2
Potrebbe esser dipeso dal diavolo che, in quanto angelo (sia pure decaduto), sarebbe costretto ad effettuare mutazioni innestandole sula sua natura di asessuato.
Ora, si sa che la fretta (lo ricordano anche i proverbi) fa commettere più di qualche fesseria. Chi ci assicura che quello si fosse trasfigurato a regola d'arte?
Poniamo che avesse avuto una giornataccia stracarica di impegni. Ore 6 al convento delle orsoline nel ruolo di irresistibile dongiovanni, 7 ai mercati generali in veste di agitatore, 8 alla cattedrale in posa di dotto predicatore eretico in grado di mandare all'aria l'omelia del vescovo, 9 visita all'eremita costretto, al pari del padovano, a compiere miracoli di memoria per ricordarsi la forma degli attributi femminili; operazione da concludersi alla svelta, perchè poi c'è da trasformarsi in lupo, col rischio di beccare una schioppettata dal pecoraio che, disperato per lo stermino del gregge, ha già bestemmiato su tutti i santi del Paradiso. Si potrà avere un minuto per tirare il fiato? Nemmeno per sogno, a meno che non si voglia arrivare con imperdonabile ritardo al capitolo delle clarisse pieno zeppo di monache (è il caso di dirlo) assatanate dall'astinenza. Peggio di Fregoli; insomma una vera e propria vita d'inferno. Chiaro che, sottoposto a questi ritmi, un povero diavolo rischia di perdere la bussola. E quando ciò accade sono dolori. Finisce che si gonfia il petto e si fa cresce i capelli, magari mette anche del rossetto però dimentica di aggiornare il sottovita. L'indotto in tentazione, che pure promette bene, comincia a palpeggiare il toccabile, trova duro e subito cambia espressione e tono: "Via di qua brutto travestito! Con chi c. credi avere a che fare?" Un'altra clamorosa sconfitta da mettere in conto (senza contare l'umiliazione).
Altre volte, sempre per colpa della maledetta fretta, la trasformazione avviene alla carlona, al punto che, vedendolo intrufolarsi nella dimora di qualche sant'uomo, non ci si potrebbe sottrarsi dal chiedersi "Che cavolo sarà andata a fare in canonica Platinette?"

USCITA

LINGUA, LINGUAGGI E MODI DI DIRE 

La prima è quella che cercano d’insegnarci a scuola. Impresa ingrata dal momento che gli stessi docenti, quand’anche dovessero conoscerla alla perfezione, se ne guardano dal praticarla per non passare da marziani. Come dire "Impara l’arte………". Per forza ! Passato il tempo di chi andava a risciacquare i panni in Arno, l’italiano, già rivestito dalle pezze variopinte di tanti localismi, è costretto a vedersela anche con gli incasinamenti ingenerati dalla società multietnica. Va da sé che cercare di esprimere secondo canoni cari ai puristi concetti della vita di tutti i giorni è come voler tradurre in latino una relazione sull’informatica.

La lingua, lungamente soverchiata da incursioni dialettali, francesismi, inglesismi (e chi più ne ha più ne metta) risulta simile ad un alloggio con suppellettili coperte da una spessa coltre di polvere; dove, se pure ti viene la tentazione di dare una ramazzata, finisce che ti cascano le braccia al solo pensiero di quanto ti toccherebbe sfacchinare. Raffrontata al linguaggio corrente, presenta differenze non dissimili da quelle che separano la musica da camera dai ritmi serrati d’una discoteca.

Non è il caso di tentare riesumazioni il cui lezzo minaccerebbe di ridurre al mutismo gli incauti praticanti. Si tratterebbe, piuttosto, di trovare quel giusto mezzo che consentisse per tutti un linguaggio da cristiani; sciolto, comprensibile quindi umanamente accettabile.

Chi proprio non si tormenta nel tentativo di gettare ponti tra lingua e linguaggio può avere buone probabilità di intrupparsi con successo tra i confezionatori di fiction televisive. Nessuno mi toglierà dalla testa che quegli spettacoli vengano confezionati ad esclusivo uso e consumo della fauna geriatrica; l’unica in grado di sorbirsi (complice l’incalzante sordità) clisteri fraseologici capaci di allungare una dichiarazione d’amore fino a quando la graziosa destinataria non s’è trasformata in una vecchia decrepita; gli stessi che impongono non meno di venti di trasmissioni per narrare col dovuto garbo una normale faccenda di corna.

La mente corre con raccapriccio al voltastomaco causato da quei riassunti delle puntate precedenti che sono altrettanti revival dell'antiquariato terminologico. Immaginate come potreste reagire se al telefono vi si rispondesse: "la fanciulla non è ancora rientrata nella sua dimora. Potreste interpellare il suo genitore onde acquisire ulteriori ragguagli circa le sue ultime vicissitudini".

A me è successo, entrando in un bar, di trovarvi due tipi trattenuti a stento dal darsele di santa ragione. Motivo del litigio ? L’ingiuria nuova e tremenda pronunciata da chi si era spinto a definire l’avversario più palloso d’una telenovela.

Oltre che ai parolieri di siffatte storie la Lingua con la "L" maiuscola pare risulti del tutto indispensabile a quanti strappano la giornata "condensando" (come diceva Churchill) il minimo delle idee nel massimo di parole. Sono i curatori fallimentari dell’istruzione pubblica e quanti si accaniscono sulle pagine culturali dei periodici al solo scopo d’incoraggiare l’analfabetismo di ritorno.

Ricordo ancora traumatizzanti esperienze liceali legate all’ora di filosofia.

Insensibile alle epidemie influenzali (ed a tutti quegli accidenti che di norma interrompono il lavoro dei comuni mortali) arrivava, puntuale come una cambiale, il docente di ruolo. "Andate a pagina….." Ed al disgraziato di turno toccava declamare per una buona mezz’ora brani mostruosamente incomprensibili. Molti trovavano sollievo allo strazio sfogliando sottobanco riviste che poco avevano a che vedere con i grandi maestri del pensiero, e che inducevano gli imboscati degli ultimi banchi a compiere azioni che non è il caso di rievocare.

Gli stessi argomenti, se trattati con la prosa di De Crescenzo, possono rivelarsi interessanti ed attraenti. Merito dello scrittore che tende a far coincidere la lingua scritta con quella parlata. 

Quando l’italiano medio si vede costretto a mettere nero su bianco un qualche concetto che pure gli frulla chiaro nella testa non può fare a meno di sottoporsi a fatiche che ricordano gli sforzi delle partorienti.

Poniamo che intenda significare al destinatario: "Brutto disgraziato. Sono tre mesi che attendo il tale rimborso. Cos’aspetti a deciderti ?" Dopo aver sudato a lungo su versioni poi regolarmente cestinate finirà per inviare un messaggio redatto press’a poco così:

"Egregio,

Impellenti nonchè impreviste necessità familiari mi motivano a rivolgerLe, con la presente, cortese preghiera di voler provvedere quanto prima al rimborso delle note spettanze di mia competenza.

Certo di poter contare sulla Sua sensibilità, chiedo scusa per il disturbo arrecatoLe, La ringrazio fin da ora sentitamente mentre colgo l’occasione per porgerLe…….".

Se così ci esprimiamo con chi vorremmo sputare in faccia, è facile prevedere le fatiche sovrumane che dovrà sobbarcarsi chi si trova alle prese con la scrittura per sollecitare favori o raccomandazioni.

Siffatte divaricazioni, molto meno accentuate in altri paesi dell’occidente, causano più d’un guazzabuglio quando si cerca di capirsi tra persone di differente nazionalità.

Affrontando un testo in francese troviamo che il tizio s’è lasciato fottere dal caio. Se chi traduce procede alla lettera farà passare per omosessuali entrambi i protagonisti. In caso contrario (e specie se l’opera è destinata a finalità didattiche) si esprimerà, nella meno peggiore delle ipotesi, in termini di turlupinatura operata in danno dell’altrui dabbenaggine.

La faccenda diventa ancor più seria quando si passa dal libro alla cinematografia.

L’inglese, segnatamente nella variante USA, pare fatto apposta per indicare in maniera spiccia cose e situazioni. Mettiamoci nei panni di chi deve doppiare un aspro battibecco tra marito e moglie. Due minuti di proiezione sono per i coniugi più che sufficienti a cantarsele di santa ragione. Per dire le stesse cose, bene che vada, all’italiano non ne bastano cinque. Si potrebbe riproporre l’intera sequenza realizzandola al rallentatore se quei dannati non mimassero la lite gesticolando a tutto spiano. Non resta che ripiegare sul collaudato sistema dello scioglilingua e ficcare in bocca ai divi molte più parole di quante potrebbero pronunciarne. Così, quando il film comincerà a girare per le italiche sale molti resteranno sbalorditi nel constatare la velenosità che caratterizza il menage delle coppie d’oltreoceano. Qualcuno, in vena d’imitazioni, cercherà di sperimentare la cosa tra le pareti domestiche. Ma i più usciranno dal cinema con la ferma convinzione che gli americani siano portati per natura all’isterismo ed all’assidua frequentazione degli strizzacervelli.

I guai dell’italiano hanno origini piuttosto remote.

Prendiamo due letterati inglesi del 5 e 600. Shakespeare e De Foe ? Il primo non è che guadagnasse gran che, tuttavia riusciva a campare su quanti (pur rischiando la pelle appollaiati fra le traballanti strutture dei teatri dell’epoca) non mancavano di andare a sorbirsi le sue tragedie. Il secondo riusciva addirittura a ricavare da iniziative editoriali di che pagare (sia pure in parte) i numerosi creditori che lo assillavano.

Qui da noi, invece, tutta un’altra musica. Chi proprio non sapeva trattenersi dal realizzarsi a mezzo carta calamaio e penna sarebbe finito al manicomio se avesse fatto conto di vivere vendendo al pubblico i propri scritti. Era già tanto se non finiva carcerato o pesantemente mazziato alla prima occasione. Insomma, per evitare disgrazie e riempirsi lo stomaco, doveva affrettarsi a rintracciare chi potesse assicurargli pranzo colazione e cena insieme ad un discreto rifugio contro malintenzionati sempre pronti a fargli la pelle.

I mecenati; ecco il tipico surrogato nostrano degli editori ! Pensando a costoro uno s’immagina che fossero dei gran signori amanti delle lettere; quanto meno degli illuminati. Tutte balle sparate dai testi scolastici per glorificare un passato che non lo merita. Quella era gente che aveva capito con largo anticipo l’importanza del buon look e delle public relation. Mettiamo che il duca di Vattelapesca, fatti quattro calcoli, avesse ritenuto finanziariamente utile affrettarsi ad impalmare la vezzosa marchesa di Nonsisadove. Come avrebbe dovuto regolarsi? Discendente da un’illustre dinastia di analfabeti, avrebbe rischiato di mandare tutto a monte qualora si fosse limitato a circuire la signora con grossolani apprezzamenti. Unica ancora di salvezza il poeta di corte. A costui l’onere di glorificare al meglio origini ed imprese della casata che provvedeva a sfamarlo; a lui, ancora, la grana di porre in bocca al suo datore di lavoro le rime più idonee ad ammorbidire le resistenze della nobildonna.

Va considerato che, anche al quel tempo, la concorrenza non era fenomeno da prendere alla leggera. Il posto da pennivendolo, del tutto appetibile in quanti non avevano eccessiva propensione per la vanga, poteva saltare da un momento all’altro. Ecco perchè i letterati in carica ingaggiavano tra loro estenuanti gare a chi le inventava più grosse sugli antenati dei rispettivi signori. Gentaglia giunta da poco nel possesso d’un feudo e tagliagole della peggior risma si scoprivano così discendenti da Carlo Magno, da Giulio Cesare, quando non addirittura da personaggi mitologici.

Magniloquenze, ampollosità varie e retorica a tutto spiano fanno ormai parte del nostro DNA letterario e non è facile scrollarcele di dosso. Tanto più che ad esse si accompagnano stili di complemento che formano altrettante lingue nella lingua.

Qualcuno ricorda la stele di Rosetta ?

 E quando mai sarebbero riusciti a decifrare i geroglifici se non si fossero scovate le sue traduzioni demotiche, ieratiche e greche? Beh ! Col nostro burocratese si verifica press’a poco la stessa cosa. Dovete trovare chi sia in grado di tradurvelo in italiano sennò saranno c.. Qualcuno, ingenuamente, troverebbe da obbiettare sull’opportunità di tenere in vita terminologie morte o, quanto meno, sconosciute ad un pubblico non particolarmente versato nelle discipline crittografiche. Per comprendere le motivazioni che ne giustificano la sopravvivenza occorrerà soffermarsi sul fenomeno delle campane. Vi siete mai chiesti perché, pure in presenza di una civiltà pullulante di svegliette e vari altri marchingegni elettronici, non passa notte senza che i campanili segnino con loro rintocchi ore, mezz’ore e quarti ? C’è forse, ignota ai profani, qualche remota esigenza di tipo liturgico che li obblighi a farlo ? Niente affatto ! Mettiamoci nei panni dell’inquilino d’un alloggio posto nei paraggi. S’è appena assopito quando due di quelle micidiali botte lo mandano fuori dai gangheri. Probabilmente bestemmierà il primo santo che gli passerà per la testa. Ma, anche se refrattario alle pratiche religiose, non riuscirebbe a dimenticare l’esistenza dei sacri edifici.

Con la burocrazia è peggio. Essa non ha credenti; dispone unicamente di disgraziati sui quali far gravare la propria presenza linguistica con l’unico scopo di giustificare i costi che comporta per la collettività.

Se un moto di salutare pietismo ci spinge a non soffermarci oltre sull’argomento nulla può esimerci dal trascurare la presenza di altre magagne. Ed intendo riferirmi alla penosa questione dei modi di dire.

Aprite un giornale e vi salta agli occhi la notizia d’un suicidio. A meno che siate fuori di testa la faccenda non sarebbe tale da farvi sghignazzare. Un poveraccio ha scelto di sottrarsi a quel modo alle angherie dei cravattari (cosa che la dice lunga sulla fiducia nella giustizia). Intanto quel burlone di redattore incaricato del servizio lo ha titolato "Braccato dagli strozzini – Si spara". Un’impresa che va oltre il coraggio necessario per farla finita. Non occorre essere geni per valutare che, per spararsi come si deve, si sarebbe costretti a prender lezioni dalle maestranze del circo Orfei. Da uno di quei signori, per l’esattezza, che, dopo aver indossato gli abiti del pagliaccio, entra nella bocca d’un grosso cilindro carico di polvere nera dal quale c’è chi s’incarica di proiettarlo secondo una traiettoria che, se tutto fila per il verso giusto, gli consentirà di aggrapparsi al palo appositamente istallato all’altro capo del tendone.

D’obbligo, a questo punto, un consiglio per aspiranti suicidi contrari ad attribuire significati comici al loro gesto: impiccatevi, lanciatevi (scioperi permettendo) sotto un treno, scolatevi un fiasco di vino al metanolo, ma evitate (costi quel che costi) di puntarvi una pistola alla tempia.

Nutro invece seri dubbi circa l’opportunità di azzardare analoghi consigli ad assassini dalla lupara facile. Del tutto refrattari ai richiami del bon ton costoro continuerebbero a crivellare le loro vittime fottendosene del fatto i quotidiani si affretterebbero a titolare: "Spara la moglie - Si barrica in casa da dove cerca di fare altrettanto con i carabinieri".

Tra le croci poste sulle spalle di quanti, pur non aspirando al Premio Strega, cercano di esprimersi in maniera decorosa la più dura da sopportare resta quella dei sinonimi. Tipiche squisitezze di quando l’umanità risultava più o meno equamente ripartita tra analfabeti e letterati.

Gente che viveva di rendita senza combinare un c. (v. Alfieri) ed avventurieri che avevano abbracciato tale professione per poter fare altrettanto (v. Casanova) non avrebbero potuto 

(clicca sull'immagine per visionare l'ingrandimento lenticolare)

sopravvivere in un mondo privo della possibilità di cincischiare a piacere con ciascun vocabolo. Tanto è vero che, a tempo perso (si fa per dire), l’evaso dai Piombi ingaggiava furiose diatribe con il contemporaneo Voltaire per dimostrare che

        

quanto a dovizia di sinonimi l’Italia poteva fottersene largamente della Francia.

Ma caliamoci nella società attuale dove, se siamo in grado di metterci una mano sulla coscienza, non dovremmo faticare a riconoscere che ci eviteremmo un sacco di rotture qualora fosse disponibile un solo termine per ciascun vocabolo.

Porca miseria ! Mi trovo che son di corsa. Da sotto c’è chi mi sollecita con continui rimbrotti via clacson, ed io devo lanciare una SMS alla mia donna per dirle che trovo la sua idea semplicemente splendida. Ecco affacciarsi il dubbio: è giusto definire splendida la proposta d’una puntata in pizzeria ? Dopo aver scartato termini come luminosa e folgorante, finisco per starmene indeciso tra magnifica ed eccezionale. Intanto chi attende per strada è sempre più nervoso; lo dimostra il fatto che è sceso dall’auto e tiene incollato il dito al campanello. Finisce che rinuncio al messaggio ed infilo le scale pur gravato dalla consapevolezza che l’omissione potrebbe costarmi cara.

Molti sinonimi devono poi la sopravvivenza alla pruderie di scriventi che si farebbero scannare piuttosto di chiamare le cose con il loro nome. Individui che, a lasciarli fare, non esiterebbero a mettere mutande alle statue. Non è questione di perbenismo. Gente che non esisterebbe a dare della testa di c. a quanti intendessero importunarla è la stessa che, di fronte al foglio di carta, viene colta dalla sindrome delle dame di corte vittoriane. Tirata per i capelli a soffermarsi su di una specifica parte anatomica perde la testa e ripiega su termini quali organi, membri e, tutto al più, falli. Nulla di male se non fosse per il fatto che, contrapposta ai sinonimi, si erge impettita la controcategoria degli omonimi. Situazione foriera di obbrobriosi equivoci.

Poniamo che vi capiti sottomano uno scritto del seguente tenore:

"Egregio,

Mi sono soffermato a lungo sugli inconvenienti da Lei lamentati circa il funzionamento del Suo organo. Convengo sul fatto che ormai lascia molto a desiderare, ma cosa vuol farci ? Tenga conto che per tanti decenni, pur sottoposto ad un uso che Lei stesso definisce logorante, non è mai venuto meno al suo compito. Si potrebbe provare a rimuovere almeno qualcuno dei difetti riscontrati, ma devo onestamente preavvertirLa che, comunque, sarebbe del tutto illusorio attendersi dallo stesso le prestazioni d'un tempo.

Potrebbe essere la coscienziosa perizia dell'accordatore cui s'è rivolto il parroco per tentare un passabile restauro dello strumento che accompagna le messe cantate. Ed è di sicuro ciò a cui pensereste qualora la missiva non recasse da qualche parte la discreta intestazione d'un urologo.

All'opposto.

"Il membro si levava maestoso tra la meraviglia degli astanti lasciando chiaramente intendere che sarebbe risultato vano qualsiasi tentativo di piegarlo, o anche semplicemente di ammorbidirlo"

Un brano tratto dalla prosa di De Sade ? Niente affatto ! Un semplice passo del banale e castigato verbale d’un consiglio d'amministrazione.

E che dire di espressioni del tipo "la donna veniva colta in fallo" ? Gravissima se riferita a protagonista minorenne; addirittura ributtante se rivolta all'indirizzo di megera ultraottantenne.

USCITA

IMPREVISTI

 

Parate di star, danze folcloristiche ed esibizioni acrobatiche rappresentano, specie se trasmesse in diretta, altrettante inconfutabili prove del ruolo protettivo giocato dalla provvidenza.

Impossibile cuccare un artista che, colto dagli stimoli della diarrea, se la squagli discretamente dietro le quinte. Del tutto improbabile che, tra una giravolta e l’altra, qualche ballerina con la testa fuori quadro, finisca col sedere per terra. Tutto il contrario di quanto accade fuori dal palcoscenico. Ne sanno qualcosa i soliti ignoti, i cui dati anagrafici, a dispetto del termine, finiscono spesso nelle questure di mezz’Italia per imprevisti vari che mandano a puttane imprese coscienziosamente pianificate. Quando non si tratta del palo finito al pronto soccorso per il casuale incontro con un creditore è la volta del piede di porco che proprio non se la sente di separarsi dalla serranda, o della lampadina tascabile che, fulminandosi al momento dell’allarme, spinge gli intrusi a scambiare uno sgabuzzino per l’uscita.

Tutto induce a pensare che l’imprevisto risparmi sempre ed esclusivamente gli operatori dello spettacolo. Provate ad attendere per l’ora fissata l’arrivo di un tour operator e vedremo se ve la sentireste di darmi torto. Arriverebbe con almeno tre quarti d’ora di ritardo imputando il disguido ad una serie di eventi tanto imponderabili da rasentare il paranormale.

Talvolta la predisposizione all’evento è una variante tipica di certi aggeggi. Quando accade di sbatterci il grugno è impossibile porre rimedio. Non potrete farci niente; inutile incazzarsi, imprecare o dannarsi l'anima fino a rovinarvi la giornata.

Prendiamo il caso delle chiusure lampo; pratiche, funzionali e discrete fin che si vuole, ma sempre pronte a far pagare a caro prezzo la bontà di siffatte prestazioni.

Vi allontanate con una scusa dalla riunione che sta per decidere della vostra carriera. Raggiungete il bagno, ve ne servite con comprensibile celerità, ma….al momento di concludere, quella si blocca conferendo all’indumento l’aspetto d’un animale in attesa della pappa. Poichè non siete tipo da scoraggiarsi alla prima contrarietà, provvedete a munirvi d’un consistente blocco per appunti idoneo a camuffare la ferita per il resto della riunione. Rientrando scorgete il capo che fruga spazientito nei cassetti della scrivania. Al vostro apparire il viso gli si illumina: "Bentornato Rossi ! Mi favorisca quel notes …grazie !" Glielo porgete dopo aver riguadagnato la sedia. La vostra menomazione potrebbe sfuggirgli, non fosse per la collega; un’accanita seguace delle pari opportunità, che s’affretta a rivelargliela puntandovi sopra una faccia afflitta da studiato rossore. Siete fottuti! Quella che per il capo ha tutta l’aria d’una imperdonabile dimenticanza costituisce irrefutabile prova a carico della vostra dubbia affidabilità.

Occhio anche ad alcuni prodotti della farmacopea , realizzati, di norma, in confezioni destinate con ogni evidenza all’uso di intere comunità, ma dalle quali, all’occorrenza, è del tutto impensabile ricavarne una sola dose per via di tappi e coperchi sulla cui rimozione è inutile cimentarsi prima d’aver frequentato appositi corsi. Tormentati dal mal di capo, vi armate di bicchiere e ponete mano al flacone fresco di farmacia. Dopo svariati tentativi di svitamento manuale provate a rimuovere l’ostacolo ricorrendo alla presa dello schiccianoci. Niente da fare ! La microscopica scritta stampigliata sull'involucro v’induce a rintracciare la lente che il nonno usa per i giornali. Come foste alle prese con una caccia al tesoro, apprendete che, dopo aver dato un mezzo giro a sinistra, dovete virare decisamente in direzione opposta mantenendo invariata la pressione verso il basso. Manco a farlo apposta andate incontro al secondo fallimento per colpa dell’anello che mantiene il tappo ancorato alla filettatura e che rivela doti di strenua resistenza al rabbioso sfregamento del coltello da cucina. A meno che non siate provvisti d’un seghetto per vetro dovrete desistere. Poco importa se, nel frattempo, il mal di testa ha raggiunto livelli tali da farvi sbattere il capo contro le pareti.

Non di rado l'imprevisto è indissolubilmente concatenato al prezzo di aggeggi realizzati con la pretesa di fronteggiarlo. Non per nulla chi li produce, esaltandone la convenienza economica, non manca di proporveli in confezioni atte a scoraggiare preventive cuoriosità circa il loro funzionamento.

Andate dal tabaccaio è del tutto naturale che siate attratti dai graziosi pacchettini impilati in bella mostra sotto la scritta "PIOGGIA ? NO, GRAZIE !" Prima che lo chiediate la commessa vi dirà che vanno come le ciliegie: "Un impermeabile realizzato in plastica speciale derivata da sperimentazioni aerospaziali….Certo…... Volendo …più che riutilizzabile". L’arnese è meno ingombrante delle sigarette che state acquistando. Tanto vale prenderne uno.

Da lì a qualche giorno non si capisce che tempo farà. Ma non è più il caso di sobbarcarsi il fastidio del classico ombrello. La pioggia vi coglie a metà d’un vialone alberato. Ponete mano al pacchetto compiangendo i disgraziati che intanto cercano di ripararsi alla meno peggio sotto parapioggia di classe ultrapieghevole. L’impermeabile si presenta compresso in un sacchetto tipo sottovuoto e che difende strenuamente la propria integrità. Pur di lacerarlo lo addentate ripetutamente al riparo di un olmo fino a quando non ne estraete una cosa improbabile ed evanescente che vi svolazza da tutte le parti. La pioggia aumenta d’intensità ed ancora non vi riesce di scoprire dove infilare le braccia e dove la testa. Vi sorprende che l’indumento risulti aperto sul davanti come sul di dietro. Realizzate che il tutto è destinato ad essere fermato da una fascia/cintura solo dopo che quella è caduta in un rigagnolo dove naviga verso ignote destinazioni.

Il raffreddore che a conclusione dell'impresa non mancherà di inchiodarvi tra le pareti domestiche vi darà modo di imprecare finchè vorrete contro plastiche anti-pioggia e connesse ricerche aerospaziali.

Non parliamo delle piastrine salvavita da sempre proposte nelle pubblicazioni sul survival e la cui utilità, all’atto pratico, potrebbe essere apprezzata solo da un naufrago impazzito. A cosa serve che rechino, sagomata in sapiente successione, tutta una serie di giradadi quando potrebbe servirvi una robusta lama ? E che dire della bussoletta graziosamente incastonata che vi manderebbe a sbattere chissà dove ? Osservandole al contafili scoprireste perfino la presenza d'una sega universale; peccato che non abbiate la necessità di compiere delicate operazioni sugli stuzzicadenti; unico impiego in cui l'aggeggio non temerebbe rivali.

Truffe dei produttori ? Non scherziamo ! Chi immette in commercio siffatta paccottiglia è entrato per tempo nei meccanismi psicologici dei potenziali clienti; tutta gente che vuol muoversi e viaggiare autoilludendosi di non aver trascurato l'imponderabile. Nel caso specifico dei salvavita c'è solo da augurarsi che i temerari possessori non s'avventurino mai lungo itinerari più impegnativi della Roma-Civitavecchia.

Tornando agli imprevisti che possono affliggere gente meno anormale degli acquirenti di certi souvenir salta agli occhi come la parte del leone spetti di diritto alle chiavi di casa. Di solito se ne fanno tre copie; precauzione che, all'occorrenza, non mancherebbe di rivelarsi del tutto superflua.

Avete accompagnato in ferrovia la vostra metà che vi precede nelle ferie. Abbracci, baci ed arrivederci a presto. Dopo che il convoglio s'è trasformato in un puntino lontano lontano, muovete verso casa con la mente impegnata su come affrontare al meglio le incombenze domestiche piovutevi tra capo e collo. Studiate, in altri termini, come evitare il lavaggio dei piatti, mentre, pur digiuni di orticoltura, cercate di scoprire per quanti giorni le piante possono sopravvivere alla mancanza d'innaffiamento. La cura del cane non vi affaticherà più di tanto dal momento che avete ponderato per tempo a chi affidarlo. Unico impegno capace di destare qualche inquietudine: la raccomandazione circa lo sbrinamento del frigo, che la signora non ha mancato di riempire all'inverosimile per tema di ritrovarvi morti d'inedia.

Davanti al portone non vi riesce di trovare le chiavi. Dopo aver frugato più volte nelle tasche rivoltate il borsello con una frenesia tale da autorizzare nei passanti il fondato sospetto che possiate averlo fregato da qualche parte. "C. !" (l’esclamazione è d'obbligo) Ed ora ! Impossibile ricorrere ai duplicati dal momento che il primo è nei bagagli della signora mentre l’altro riposa tra le mura domestiche discretamente occultato dietro il quadretto finto naif dell’ingresso.

Certi come siete di averle tenute a portata di mano vi sottoponete a sforzi d’introspezione psicologica degni d’uno strizzacervelli. Correte trafelati fino all’edicola. Niente ! Ricordando d’aver preso un caffè percorrete altri quattro isolati e vi riaffacciate affannati alla porta del bar. Il gestore esclude categoricamente che possiate averle lasciate sul bancone. Ve lo dice, tuttavia, accompagnando le parole con una strana espressione; una via di mezzo tra ghigno e sorriso. Qualche allarme non sarebbe del tutto ingiustificato se si considera che sul conto dell’ interpellato circolano pettegolezzi tali da far drizzare i capelli. E se le avesse intascate a bella posta per poi svaligiarvi l’alloggio in tutto comodo?

In capo ad un’ora optate per l’intervento dei pompieri. Il loro arrivo non manca di attrarre capannelli di curiosi tra i quali è scontata la presenza di chi ha la fissa per l’aspirante suicida barricatosi in casa. Siccome non manca nemmeno chi ha un debole per le fiamme, una volta messa in circolo, la voce d’un principio d’incendio spinge a tumultuosa fuoruscita anche i condomini meno sensibili a ficcare il naso nelle faccende altrui.

Quando, al termine di operazioni che ricordano gli arrembaggi della Filibusta, la porta finalmente cede, correte a rimuovere il pannello naif per scoprire subito dopo che la serratura risulta ormai inservibile.

Considerato che (a meno si tratti di doppiolavoristi) i vigili del fuoco non provvedono alle riparazioni, dovrete affrettarvi a contattare il più vicino negozio di ferramenta; l’ultima tappa d’un calvario che risulterebbe praticabile qualora la compagna della vostra vita avesse scelto di partire in una giornata diversa dalla domenica.

Per qualche tempo dovrete starvene barricati in casa, accontentandovi di svuotare scatolame e sturandovi a dovere le orecchie per sventare non improbabili infiltrazioni di malintenzionati.

Talvolta gli imprevisti giocano a concatenarsi e quando ciò accade è difficile per chi li subisce cancellarne il ricordo.

Rammento il caso toccato ad un mio amico e che lo sventurato si decise a narrarmi solo dopo aver ricevuto solenni impegni a tener segreta la cosa.

Il protagonista dell’amara vicenda , afflitto da cronica stitichezza, solo in casa, stava concentrando al massimo le proprie energie nell’ennesimo tentativo di esternare frutti la cui produzione rappresenta per i comuni mortali fonte di non trascurabile sollievo.

Quando pareva che qualcosa cominciasse a muoversi ecco che il telefono attaccò a spernacchiare con un’insistenza del tutto insolita. Addio concentrazione ! Dopo una decina di squilli la mente dello sventurato cominciò ad arrovellarsi sulla possibile identità dello scocciatore. Fermamente deciso a restare incollato nella postazione dovette cambiare idea quando ricordò del tizio che, più volte sollecitato alla restituzione d’un prestito, aveva assicurato che si sarebbe fatto vivo in giornata. "Vuoi vedere che è la volta buona ?" E per non dare all’altro la soddisfazione di riattaccare si precipitò all’apparecchio con le chiappe in plein air.

Sorpresa ! Dall’altro capo del filo la voce suadente d’una sconosciuta pareva animata dalla ferma intenzione di non volerlo mollare. Non si riusciva ad intuire cosa veramente cercasse e ce ne volle per capire che si trattava di una di quelle rotture eufemisticamente denominate iniziative promozionali.

Quando chi vi telefona modula la propria vocalità sulle note delle chat line è difficile staccare di brutto.

Mentre il malcapitato cercava di far capire come proprio non fosse il caso d’insistere si udì il tipico sferragliare della serratura. Impossibilitato a riguadagnare la toilette, e mentre già vedeva schiudersi la porta d’ingresso, lo sventurato cercò di tuffarsi nell’unico rifugio a portata di mano ; lo stanzino adiacente all’apparecchio.

Dannazione ! Il ripostiglio era chiuso a chiave.

Allo sventurato non restò che spiaccicarsi contro la parte dell’ingresso congiungendo le mani su quelle che un tempo si usava definire vergogne.

La comparsa della moglie sulla soglia di casa gli fece tirare un sospiro di sollievo. Per un momento aveva temuto l'arrivo d'uno dei rampolli (ed era raro che quelli si presentasero da soli).

La povera donna se ne restò intontita per una frazione di secondo; quanto bastò perchè l'amica che la seguiva riuscisse ad intrufolarsi con allegra disinvoltura.

Ecco una situazione che non ci sentiremmo di augurare nemmeno al peggiore dei nemici.

Superato lo choc iniziale, la nuova venuta, cercando di sdrammatizzare: "veramente....... venivo per vedere come avevate risistemato l’ingresso"; una battuta che, date le circostanze, avrebbe fatto meglio a risparmiarsi.

USCITA

­IMPERDONABILI OMISSIONI NELLA "DIVINA COMMEDIA" 

Sì..lo so! Un’opera immortale,….D’accordo! Un capolavoro,……Il top della produzione letteraria d’ogni tempo e paese.

  Tuttavia…..

Se me lo chiedeste, vi confesserei, in tutta franchezza, che proprio non saprei a cosa imputare la "buca". Un’imperdonabile lacuna nella trattazione de "L’Inferno".

Sarà che il Poeta rischiava di perdere la coincidenza per il Purgatorio. Sarà che s’era schifato di starsene per tanto tempo a diretto contatto con la feccia dei trapassati. Comunque è un fatto che il grandioso reportage sulle strutture penitenziarie dell’aldilà sorvola disinvoltamente su quello che non poteva non essere il girone più famigerato e (quest’è certo) sovraffollato delle dannate bolge.

Mi riferisco, per chi non l’avesse ancora intuito, al luogo della destinazione finale cui sono prenotati tutti i fessi che affollano, da vivi, l’intero orbe terraqueo.

Se appena vi si fosse soffermato, il sommo vate, avrebbe potuto ricavarci un’opera in grado di anticipare di secoli la diffusione a dispense delle monumentali monografie che attualmente intasano le edicole del Belpaese. Cosa da far schiattare d’invidia quanti oggi vivacchiano sfornando roba del tipo "L’orologio in 240 fascicoli".

Che c’entrano i fessi? Poco o niente se consideriamo una bazzecola il fatto che rappresentano, da sempre, la maggior forma d’istigazione a delinquere. Ahi voglia Satana a pavoneggiarsi nei pomposi panni dell’eterno tentatore. Sprovvisto di siffatti preziosi alleati, i suoi tentativi non riuscirebbero a produrre effetti superiori a quelli di una qualsiasi "mosca cocchiera".

Prendiamo, ad esempio, falsari, ladri e truffatori. E’ chiaro che perfino i più ferrati nella categoria dovrebbero correre a riciclarsi in qualche altra professione qualora dilagasse una pestilenza in grado di abbattere selettivamente il maggior numero di fessi che circolano liberamente sul pianeta.

Anche per i bugiardi sarebbero c. Quanto agli ingordi va da sé che stenterebbero a trovare di che sfamarsi qualora dovessero fronteggiare gente poco propensa a lasciarsi fottere con grande facilità.

Vogliamo parlare dei fornicatori? Una categoria nella quale dubito che Dante intendesse includere la clientela di quanti già scontano su questa terra (v. listini aggiornati in euro) la debolezza di certe prezzolate frequentazioni. A chi altri poteva riferirsi se non a coloro che trovano il modo di provvedere gratis alle proprie necessità ricorrendo alla "comprensione" delle "donne d’altri"? D’accordo che è questione di corna (v. Paolo e Francesca), ma è indiscusso che, anche nella fattispecie, è vasta la fauna di quelli che certe corse se le vanno proprio a cercare.

La pena per i fessi?

Io già me li immagino perennemente attorniati da uno stuolo di diavoli espertissimi a barare in poker, tresette e scopone scientifico. Prevedo, anche, che, ogni tanto, li si lascerebbe vincere, ma solo per togliersi lo sfizio di poterli poi allegramente derubare.

USCITA

COME T’INCASINO L’ARCHEOLOGIA 

PREMESSA

Da una fantacronaca risalente al XXI secolo

In un’afosa giornata del remoto estate 2006, languidamente spaparacchiata sul divano posto sotto una malriuscita imitazione di Botero, attendendo che le telefoni l’amante, una signora tatuata alla moda, se ne sta col cavetto del telefonino attaccato all’orecchio. Intanto prova ad ingannare il tempo scorrendo i titoli in prima pagina di un quotidiano sul quale troneggia il faccione di Prodi affiancato da un’istantanea che inquadra, a tutto campo ed in pompa magna, SS Benedetto XVI (leggi Sua Santità, a scanso di deplorevoli confusioni con la sigla dell’omonimo corpo scelto che andava tanto di moda settant’anni fa – n.d.r. per profani).

Sono le 16, 35’ e 12” quando scoppia improvviso il più devastante dei cataclismi. E’ la natura che, vendicandosi della diffusa strafottenza riscontratasi sui Protocolli di Kioto, reagisce in modo tanto efferato da superare le più catastrofiche previsioni di menagrami e verdastri più pessimisti di Pecoraio Scanio. Un casino tellurico della madonna con connesso tremendo maremoto sconvolgono la sfera terrestre fino a cancellarvi ogni traccia di vita umana, che viene ricacciata implacabilmente nelle viscere della terra. Unici scampati pochi membri di una sperduta tribù di boscimani che, non avendo mai avuto contatti col resto del mondo, costringeranno la futura umanità a ricominciare tutto daccapo.

DIECIMILA ANNI DOPO

I discendenti dei boscimani, dopo aver riscoperto la ruota, la vela, il gioco del pallone, l’aspirina e le teleconduttrici, conducono ormai uno schifo di vita non molto dissimile da quella degli antichi abitanti del pianeta..

Nei più prestigiosi circoli culturali si diffonde intanto, con strepitoso successo, l’opera di un valente archeologo che ha avuto culo sufficiente ad azzeccare il sito della signora sul divano. Non è che ci abbia ricavato granchè. Si sono salvati pochi reperti; per l’esattezza:

CAVETTO DEL CELLULARE (diligentemente catalogato come “Reperto n.1”)

DUE TERZI DI TELA DEL FALSO BOTERO (“Reperto n. 2”)

LA PRIMA PAGINA DEL GIORNALE (“Reperto n. 3”)

FRAMMENTO DI PELLE RECANTE TRACCE DI TATUAGGIO; sbiadite ma, tutto sommato, ancora leggibili (“Reperto n. 4”).

E’ incredibile la quantità di dati che riesce a spremere da tre o quattro modeste bagattelle chi nasce tagliato a regola d’arte per investigare sui misteri dei mondi scomparsi.

Il quotato studioso ne ha infatti ricavato una dotta dissertazione di 2.350 pagine intitolata

VITA E COSTUMI DEL TERRICOLO MEDIO AGLI ALBORI DEL XXI SECOLO”

Vergognosamente sprovvisto dell’erudizione che mi consentirebbe di apprezzare fino in fondo il valore dell’opera, non posso fare altro che limitarmi a trascrivere le didascalie delle quattro tavole fuori testo che ne arricchiscono la decima edizione.

REPERTO N. 1”

Frammento di ornamento muliebre la cui sobrietà rivela un qualche destinazione di tipo votivo, forse legato ai riti della fertilità, come lascerebbe supporre la presenza del minuscolo ninnolo terminale di sagoma fallica”.

REPERTO N. 2”

Indiscutibilmente il più interessante, dal momento che consente di appurare con accettabile approssimazione quali dovessero essere vestiario e fattezze degli archeo-terricoli. Addirittura stupefacente la straordinaria somiglianza di questo loro abbigliamento (pantaloni, gonne e vestaglie) che pare ricalcare fino all’inverosimile quello in uso ai nostri giorni”. Spiace, quindi, dover verificare che le dimensioni corporee di quanti lo indossavano risultano tali da far escludere a priori qualsiasi possibilità di apparentamento con l’attuale specie umana. E tanto spiega perché più di qualche antropologo a conoscenza di questo mio studio abbia teorizzato l’esistenza di un’ancestrale RAZZA SUINIDE. Ipotesi, questa, fortemente avvalorata dai lineamenti del volto che figura al centro del foglio relativo al

"REPERTO N.3."

Inoltre, restando allo studio dello stesso frammento, la riproduzione della vecchietta biancovestita e riccamente addobbata rivela quanto queste società tenessero in conto le esponenti della terza età, ritenendole , penso, specie se fortemente decrepite e prossime all’aldilà, tra le figure più idonee a stabilire rapporti tra terrestri e qualche (non meglio identificato) essere supremo”.

REPERTO N. 4”

Fuor di dubbio il più enigmatico. Non c’è ancora chi sia riuscito a trovare una plausibile ragione sul perché una comunità in grado di utilizzare carta stampata continuasse a scarabocchiare sulla pergamena”.

USCITA

METEMPSICOSI
Croci e delizie della reincarnazione

E’ da qualche millennio che se ne chiacchiera in giro. Religiosi, filosofi e sensitivi d’ogni tempo e paese risultano ultraconvinti dell’autenticità del fenomeno.

Beh! Ammettiamolo francamente! La faccenda non è tale da lasciarci indifferenti. C’è di bello, oltretutto, che si presenta più credibile e meno disgustosa della prospettiva aperta ai più dal credo cattolico. Che devo dirvi? Fatta eccezione per individui affetti da cronico masochismo, non è che la visione di inferni governati da cornuti con tanto di forconi costituisca il top degli incoraggiamenti per chi si appresti ad abbandonare questa “valle di lacrime”.

Meno appetibile, semmai, l’impossibilità di programmare personalmente il tenore della nostra vita futura; anche se, a conti fatti, mi pare giusto che sia così. Considerando che la faccenda riguarderebbe proprio tutti; anche chi arriva al capolinea schifato al punto da non aspirare a “rifarsi una vita”, pare doveroso non sottovalutare i casini che si ingenererebbero qualora ciascuno potesse regolarsi di testa propria.

Pensiamo, ma è solo un esempio, al “pezzo da 90”ridotto in fin di vita dalle naturali conseguenze di qualche “sgarro”. Come immaginate che si regolerebbe, disponendo della facoltà di scelta? Opterebbe per una sistemazione di tutto rispetto; tale, per intenderci, da evitargli un futuro da disgraziato travet. Ed a proposte del tipo “Spazzino comunale con contratto a tempo?”sono certo che risponderebbe “Scherziamo? Non se ne parla nemmeno!”

Addetto al controllo della sosta?”

Guardi…che..proprio non mi sembra il caso”

Nullatenente nordafricano con prospettive di sbarco sulle coste italiche?”

Ah!…Ma allora lo si dica chiaramente che qui si sta a prendere la gente per il c.!…. Capitano d’industria, o niente!”

Ferma restando l’impossibilità di rinunciare a farlo rinascere liquidandolo con un calcione nel fondo schiena, ditemi voi cosa accadrebbe se a ciascuno fossero consentiti ricatti di questo genere.

L’immondizia sommergerebbe le case dal momento che nessuno troverebbe allettante il mestiere di andare a raccoglierla. Le auto arriverebbero ad intasare piazze, cortili, interi tratti autostradali ed in carenza di multe le casse comunali si ridurrebbero alla mendicità, mentre noi italiani resteremmo tagliati fuori da flussi migratori che sono altrettanti preziosi strumenti di arricchimento culturale.

Ecco perché, non appena cucca qualcuno che sta per tirare le cuoia,  la provvidenza cosmica s’affretta ad un rimescolamento di carte capacissimo di riservare a chi aveva condotto un’esistenza da barbone un futuro da presidente della Banca d’Italia, oppure creando le migliori premesse perché un pontefice morto in odore di santità si ritrovi a gestire il più malfamato dei bordelli.

Ma non basta. Fortunatamente chi amministra le prospettive dell’aldilà s’è preoccupato di far sì che i morituri, una volta restituiti allo stato di poppanti, non conservino nemmeno il più vago ricordo della precedente esistenza. Ve l’immaginate quali potrebbero essere, altrimenti, le conseguenze?

Per i pirati della strada, ad esempio, sarebbero c., dal momento che le loro vittime rinascerebbero col numero di targa stampato nel cervello. La pubblica istruzione andrebbe incontro a disastri più devastanti di quelli causati dalla Moratti, visto che non ci sarebbero più bambini disposti a rifrequentare la scuola dell’obbligo; e sarebbe fiato sprecato andare a cavillare sul fatto che la loro “formazione” è quella di un secolo fa. Più sinistrata di tutte, destinata a sicuro sfacelo, risulterebbe, infine, la nostra burocrazia. Pensate un po’ a quel che succederebbe nelle code agli sportelli. Scoppierebbe, ad ogni momento, un casino della madonna, generato da soggetti che, tumultuando come forsennati, ne scompaginerebbero le fila al grido di “Lei non sa chi sono io!”.

USCITA

GRAFOMANIA 

C'è una bella differenza tra gli artefici grandi e piccoli della nostra e delle altre letterature.
Flaubert era la disperazione del suo editore. Quando attaccava a scrivere un libro trascorrevano diversi anni prima che si decidesse a consegnarlo. Tutto l'opposto di Bruno Vespa che te li spara a raffica; specie sotto Natale, quando è sicuro di guastare le feste a chi, aprendo il classico pacco dono, spera invano di non ritrovarseli tra i c......
Non è questione di comportamento imputabile ai canoni del consumismo, ma di un qualcosa che naviga nel DNA di noi italiani. Non ci credete? Allora andate a rinfrescarvi la memoria, tanto per fare un esempio, con il comportamento di Giulio Cesare.
Scriveva di continuo. Anche mentre era sotto le armi non faceva in tempo a posare il gladio che già aveva impugnato lo stilo (variante maschile della futura stilografica) per continuare a buttar giù il 'De bello gallico'.
Non contento di riempire impressionanti lungometraggi di papiro, s'attaccava in modo maniacale alle 'epistole', arrivando a dettarne anche dieci contemporaneamente. Un autentico genio della corrispondenza portato, tuttavia, a trascurare le incredibili potenzialità d'incasinamento che, anche a quei tempi, costituivano irrinunciabile patrimonio dell'organizzazione postale.
Siccome non c'erano ancora le raccomandate, l'esatta individuazione del destinatario costituiva un optional molto più blando dell'attuale.
Poniamo che Tizio Pomponio, avanzando dei sesterzi dal dittatore, si vedesse recapitare una lettera che parlava di tutto tranne che di palanche, come altro avrebbe potuto reagire se non bestemmiandogli morti e 'lari' fino alla settima generazione?
Chiaro che, più o meno contemporaneamente, al senatore Gaio Lucrezio, noto per avidità ed insolvenza, sarebbe giunta del tutto insperata, una missiva con tanto di autorizzazione a prelevare dall'erario un credito che non gli spettava, motivandolo a ritenere che il grande condottiero fosse ormai uscito di testa.
Poi si sa com'è che vanno a finire certe cose; di equivoco in equivoco ci vuol poco perchè alla fine ci scappi qualche congiura; una quarantina di coltellate, esequie con tanto di orazione funebre alla Marc'Antonio e tanti saluti alla produzione letteraria.  

E dire che non sono mancati casi di autentica ribellione ad opera del subconscio che talvolta ha urlato ai maggiori grafomani delle nostre glorie letterarie "Chi te la fa fare? Basta! Fermati un momento!"
Riultato?
Basta pensare ad Alfieri che, senza nemmeno avere la scusante di patologie masochiste, pagava il domestico perchè lo legasse allo scrittoio onde impedirsi di andare a fare quattro passi, mentre il suo contemporaneo Casanova, ricorrendo al 'coitus interruptus', si lasciava scappare con la massima naturalezza espressioni del tipo "scusami cara, riprenderemo più in là, ora mi sono venute in mente 10-15 pagine di 'Memorie'".

E Dante? Oh! C'è mancato poco che la facesse franca.
Nell'Italia di fine 'dugento' transitare come profugo da uno Stato all'altro della penisola, per chi come lui era sprovisto di contanti, equivaleva a sbarcare in gommone a Lampedusa. Cionostante, anzichè cercare di trovarsi un lavoro da cristiani (tipo lo scrivano di 'Miseria e Nobiltà') quello non finiva un tomo che già cominciava a compilarne un altro.
Fortuna che, a quei tempi, gli scambi culturali s'arrestavano alle soglie del Bosforo, altrimenti, terminati 'Paradiso', 'Purgatorio' e 'Inferno', niente e nessuno avrebbe potuto impedirgli di attaccare col 'Nirvana' ed il 'Mahabharata'.

Un'autentica mania nazionale che non ha risparmiato nemmeno chi era cosciente di vivere in situazioni di forte conflittualità con la composizione letteraria.
Pensate al dramma di Giambattista Vico; una mente decisamente superfine con un'unica pecca: non si riusciva a capire un c....di ciò che scriveva. Poteva elaborare magnifiche teorie, ma, non appena le aveva inchiodate nero su bianco, finiva che non ci si raccapezzava più nemmeno lui. Cosa costava rivolgersi ad un consulente? Niente da fare! Non volendo nemmeno sentirne parlare contribuì, da autentico precursore della moderna incomunicabilità, a rizzare un'impenetrabile palizzata nei confronti di posteri e contemporanei.