GALLERIE
A scanso
di equivoci, tengo a precisare che l’argomento non riguarda quei
tratti autostradali che corrono sotto le montagne e che talvolta (v.
Torino - Savona) inducono gli automobilisti a segnarsi devotamente
prima di imboccarle. Men che meno interessa quelle aree urbane
deputate allo "struscio" ed agli incontri d’affari.
D’altra parte non è colpa mia se la lingua, oltre che di sinonimi,
abbonda anche di omonimi; per cui, se un tizio dovesse chiedervi un
mortaio, non sapreste se procurargli un recipiente provvisto di
pestello oppure un pezzo d’artiglieria
L’argomento
di queste mie riflessioni è tutto incentrato su quelle sedi
destinate a raccogliere e presentare in bell’ordine i prodotti
dell’arte.
Alzi la
mano chi di voi non è stato tentato almeno una volta dal mostrare i
suoi manufatti all’attenzione del pubblico. A meno che la fortuna
non vi abbia dotato di ampie dimore con accoglienti parchi, immagino
già quali peripezie potete aver affrontato nella speranza di veder
realizzato il vostro sogno. Il primo dispiacere deve avervelo
inflitto lo zio salumiere che, avesse avuto un minimo di sensibilità
artistica, avrebbe dovuto affrettarsi nel mettervi a disposizione le
pareti dell’annessa rosticceria dove, quantunque menomate
dall'odore di stoccafisso, le vostre opere non avrebbero mancato di
fare scalpore. Altra probabile delusione quella procuratavi dal
reverendo che, pur di non concedervi la sala parrocchiale, deve
avervi ammucchiato nottetempo tutti gli arredi sacri disponibili in
canonica. E come qualificare il comportamento del proprietario del
bar ? Per lasciarvi usare un muro del cortile interno, pretendeva di
rifilarvi un intero blocchetto della lotteria che si è inventata
dopo che gli hanno sigillato le slot-machines.
Sopraffatti
dall’indifferenza dei conoscenti, avrete riposto i vostri
capolavori in un armadio (dove però correte a contemplarli di
nascosto con la stessa trepidazione di chi aveva effettuato il
trafugamento de "La Gioconda") .
Se avete
voglia di sfogarvi contro la malasorte fatelo pure, ma senza
piangervi addosso. Per quanto storta possa esservi andata, avete pur
sempre scansato il maggiore dei pericoli; quello di concludere il
vostro tour in una "galleria". Tra le vittime di questo
estrema iattura, in cui solo gli artisti più incalliti possono
incappare, devo purtroppo annoverare mio cugino Ernesto,
proditoriamente colpito dalla musa della pittura alla bella età di
cinquantacinque anni. Per me, come per tutti i suoi parenti più
prossimi (anche all’esaurimento nervoso), resta avvolta nel mistero
l’origine del morbo che costringe ora lo sventurato a sobbarcarsi
sfacchinate sovrumane per vagare con le sue mostre ovunque ci sia
l’ombra d’una fiera o anche della più modesta ricorrenza di
quartiere. Personalmente, forte del proverbio "chi va con lo
zoppo…….", non me la sentirei di scagionare a priori gli
abituali frequentatori de "La lanterna"; il circolo
frequentato dal poveretto e nel quale, sotto l’innocua parvenza di
appassionati del tre-sette, non fanno che riunirsi in perenne
cospirazione i "geni incompresi" del rione. E' certo,
quanto meno, che il luogo deve aver rappresentato per il virus
l'habitat ideale perchè l’incubazione rendesse irreversibili gli
effetti del contagio.
Come in
tutte le malattie per le quali non c’è speranza di ritorno i primi
sintomi non erano tali da destare i dovuti allarmi. Chi avrebbe mai
pensato che l'acquisto delle dispense de "La pittura per tutti"
fosse preludio di ben più rovinosi approfondimenti? Nè ci si
preoccupò più di tanto nel notare che il soggetto cominciava a
trascurare l'innocente frequentazione delle piole per destinare il
tempo libero ad impegnate discussioni sulla materia destinata a
trasformarsi nella sua monomania.
Quando
ci si rese conto della piega presa dagli eventi era ormai troppo
tardi; già il disgraziato bazzicava con fare da drogato in quei
luoghi di perdizione camuffati sotto le parvenze di "negozi di
belle arti".
Sappiamo
come vanno certe cose. Poniamo che non siate ancora del tutto bacati.
Prima di decidervi a metterci piede un residuo di autocontrollo,
dovuto alla lotta serrata tra coscienza e passione, vi spinge a fare
più volte il giro dell'isolato. Come foste prossimi ad intrufolarvi
in un luogo di malaffare, vi guardate attorno per accertarvi che
eventuali conoscenti non siano nei paraggi ed infine, trangugiando
saliva, spingete la porta che separa gli "eletti" dal resto
dei comuni mortali. Lo fate sforzandovi di assumere atteggiamenti da
abituè, ma potete star certi che chi sta dietro il bancone ha già
fiutato la preda ed a nulla varrà mimetizzarvi tra la clientela
passando in rassegna con ostentato scetticismo le vetrinette interne
. Gli occhi del rivenditore vi seguiranno di scaffale in scaffale
come quelli d'un rapace e quando, giunto il vostro turno,
balbetterete nella richiesta di un pennello, l'altro sarà pronto a
sciorinarvi sotto gli occhi campionari da capogiro. Dopo di chè, se
il tipo è particolarmente carognesco, vi tratterrà in amabile
conversazione ma si guarderà bene da proporvi l'acquisto del tale o
tale altro strumento. Vi darà ad intendere che è un peccato lasciar
condizionare il vostro talento da arnesi tutto sommato dozzinali. Non
vi venderà un tubo, ma vi arpionerà con la promessa che in capo a
cinque, massimo sette giorni, sarà in grado di fornirvi ciò che fa
al caso vostro.
Conterete
le ore che vi separano dal possesso del portentoso aggeggio ed una
volta tornati in negozio ne uscirete con almeno due sacchi
traboccanti del più composito armamentario artistico.
Prima
ancora che le vostre opere abbiano avuto il tempo di asciugare
comincerete ad affliggere con la richiesta di pareri quanti vi stanno
intorno. Passerete, quindi, a tormentare i conoscenti e, quando
questi avranno provveduto ad eclissarsi, finirete per rivolgervi agli
estranei, tra i quali è fatale che si nasconda l'aspide pronta a
consigliarvi il ricorso alla galleria.
La vita
è dura e tutti hanno il diritto di arrotondare, ma chi lo fa
procurando clienti alle gallerie, non meriterebbe comprensione o
pietà dal momento che specula con disumana perizia su gente
notoriamente incapace d'intendere e di volere.
A
seconda delle disponibilità del momento potrete operare una scelta
destinata a rivelarsi per molti versi analoga a quella tra un
funerale di prima, seconda o terza classe.
Dipende.
Se avete poche opere e pochi soldi non c'è dubbio che vi si farà
propendere per l'ultima soluzione. Il cantuccio più buio e remoto
d'una modesta galleria affiancherà le vostre opere a quelle dei
tanti altri malcapitati caduti essi pure sul fronte della COLLETTIVA.
Se invece la vostra follia vi spinge alla PERSONALE e se,
soprattutto, il vostro portafoglio lo consente, state pur certi che
siete candidati ad un'esperienza allucinante; in tutto e per tutto
simile a quella sofferta dal mio parente.
Il
"sensale" che agganciò l’Ernesto non era tipo da andare
per il sottile. Puntò subito al colpo gobbo spingendo l’ignara
vittima diritto nelle fauci del c.s. "garnde gallerista".
Naturalmente minimizzò sulle spese e non mancò di esternare tutta
la propria disperazione per il fatto che un artista tanto promettente
fosse rimasto così a lungo sconosciuto. I due compari ne tirarono in
ballo un terzo; il CRITICO; quello che avrebbe dato il colpo di
grazia alle residue riserve del povero Ernesto .
Di norma
chi trancia giudizi sull’opera d’un pittore è persona incapace
perfino di dare il bianco alle pareti domestiche. Ciononostante (ma
forse proprio per questo) risulta refrattario ai mezzi termini.
Positivi o negativi i suoi apprezzamenti saranno non solo
altisonanti, ma conditi con una retorica che dà il voltastomaco.
Provate a scorrere il testo dei pieghevoli sparpagliati ad arte sui
tavoli delle gallerie. E’ certo che gradireste poche frasi da
cristiani; del tipo: "Non sarà una cima, ma il ragazzo è
promettente. Pur essendo alle prime armi ce la mette tutta. A voi
dargli un incoraggiamento!" firmato Prof. Pinco. O anche :
"D’accordo! Parte della produzione non vi convince.
Considerate, tuttavia, che l’artista ha famiglia. Provate a
mettervi nei suoi panni ed immaginate i litigi che deve affrontare
ogni volta che si dissangua per allestire una mostra" firmato
Prof. Pallino. Ed invece, per quanto sgangherata o periferica sia la
sede dell’eposizione: "Nel rincorrersi di orizzonti
evanescenti, specchio profondo delle più intime palpitazioni, emerge
trionfante, frammisto ai ricordi dell’infanzia, il richiamo di
arcane presenze, retaggio di una sofferta indagine che è anche
frutto introspettivo di una profonda analisi che ha del
freudiano……..." .Come si fa a sfottere a qual modo un
poveretto che gode in paese fama di perfetto analfabeta ? E non si
sogni il critico di sostenere che ignorava i rapporti dell’artista
con la scuola dell’obbligo. Perché girare il coltello nella piaga
con frasi agiografiche del tirpo " Pur lontano da accademiche
frequentazioni e sostanzialmente autodidatta, esprime un linguaggio
genuinamente mutuato dal diretto contatto con la natura……"
?
Ancor
più esilaranti le recensioni che di solito accompagnano taluni
prodotti di quell’"arte povera" sulla quale non ho ancora
compreso le ragioni che impediscono all’aggettivo di precedere il
sostantivo.
Quanti
la praticano potranno considerare una bestemmia questa mia
affermazione, ma sono certo d'incontrare la loro clemenza se vorranno
considerare qual'è stato il mio primo (ed ultimo) impatto con
siffatta tipologia espressiva.
Il
fattaccio accadde in uno di quegli assolati pomeriggi estivi che
comportano il temporaneo accecamento per quanti passano dalla piena
luce all'ombra accogliente dei porticati. Quantunque ci fosse un
caldo boia il mantenimento della pace familiare m'imponeva di
procedere senza sosta alla ricerca dei campioni di tappezzeria con la
quale mia moglie intendeva rivestire le pareti della tavernetta..
Gran parte dei negozi era chiusa per ferie e tanto rendeva più
disumana l'impresa. Ero lì a prender fiato quando intravidi, oltre
la porta semiaperta d'un locale, quello che, a prima vista, pareva
avesse tutti i requisiti della meta che m'ero prefissa. Entrai e,
finalmente, mi fu possibile ammirare, affiancati in bell'ordine,
numerosi spezzoni di quei rivestimenti che giudicai avrebbero
soddisfatto la mia consorte: pezzi di juta sintetica, pannelli di
simil-legno, riquadri di masonite e tanto, tanto altro, su cui poter
operare una scelta oculata. Non feci in tempo a tastare uno di quei
campioni che un tipetto smilzo e capelluto mi venne incontro
brontolando a tutto spiano. Tentai di rabbonirlo dichiarando la mia
propensione ad acquistare diversi rotoli di quella roba. Ma fu
peggio. Quello attaccò a bestemmiare di brutto,. mi afferrò per la
giacca e mi condusse in strada indicandomi incazzato la targa che
sovrastava l'ingresso. "ARTE FUTURA" c’era scritto, ma a
caratteri tanto piccoli da richiedere l’uso d’un binocolo da
teatro, mentre, ciò che seguiva con ben maggiore evidenza: "CIRCOLO
RICREATIVO-CULTURALE" la diceva lunga sull’allergia ai doveri
fiscali che affligge non di rado quanti vivono dell’arte altrui.
Felice
come una pasqua per il lusinghiero pistolotto propinatogli dal
critico, Ernesto corse in galleria per concordare con il titolare
Augusto Torchietti i dettagli della personale. E fu in
quell’occasione che cominciò a familiarizzarsi con termini del
tipo "Brochure", "Vernissage", "Look
espositivo" e svariati altri sulle cui peculiarità, a lavori
ultimati, avrebbe avuto modo di condurre pessimistiche riflessioni.
Il
momento dell’inaugurazione coincise con l’inizio d'una pioggia
d’intensità tale da far temere la diserzione in massa degli
invitati. Poi, in barba ad ogni pessimistico presentimento, non
appena la tormenta accennò a calare, l’ampia capienza del salone
si rivelò appena sufficiente a contenere la marea di quanti
accorrevano ad ammirare le opere del neofita. La serata avrebbe
rappresentato per lui una vera e propria apoteosi, a patto, bene
inteso, di sorvolare su taluni comportamenti dei convenuti; dettagli
, se vogliamo, del tutto trascurabili, ma che pure non mancarono di
turbare la sensibilità dell’artista. Non poteva sfuggire a costui
l’evidente sproporzione numerica tra quanti si estasiavano nella
contemplazione dei quadri e coloro che preferivano accalcarsi presso
il ricco buffet allestito sul sapiente accorpamento di tre tavoli;
per non parlare, poi, di quelli che, avendo fatto abbondante incetta
di dolci e salatini, si raggruppavano a chiacchierare, ridacchiavano
tra loro allegramente dondolandosi con eleganza, ma senza mai
allontanarsi dalle aree strategiche in quanto più prossime alle
cibarie che non alle opere accuratamente disposte in girotondo.
Di tanto
in tanto qualche signora spingeva la sua intraprendenza
nell'attaccare bottone con l’autore, ma quando ciò accadeva, non
trascorrevano due minuti senza che altre sconosciute presenze se la
risucchiassero in più prosaiche chiacchierate che non si sarebbero
interrotte fino a quando il gruppetto , fendendo elegantemente la
calca, non si fosse assicurato l'attracco all'invitante pappatoia
posta in centro campo..
Quand’ebbero
spazzolato anche l’ultimo avanzo di tramezzino, svuotate a dovere
le numerose bottiglie di spumante, gli invitati si affrettarono a
defluire con un ritmo riscontrabile solo in presenza di principi
d'incendio.
"La
prima sera va sempre così !" si limitò a commentare
laconicamente Torchietti. Non aggiunse altro, ma qualche suo studiato
ammiccamento lasciò intendere che i giorni a seguire sarebbero stati
quelli del raccolto
Ernesto
tornò a stazionare in galleria per l'intera settimana dedicata alla
sua personale traendo occasione per meditare in assoluta solitudine
sulle future prospettive della sua vocazione. Non c'era verso ,
infatti, che qualcuno, per pura curiosità o per semplice abbaglio,
si azzardasse ad entrare; era come se l'invisibile mano della
iattura, riecheggiando il titolo d'un vecchio film dell' horror,
avesse scritto sulle vetrate dell'ingresso "NON APRITE QUELLA
PORTA !"
Superfluo
aggiungere, a questo punto, che prima, durante e ( naturalmente)
anche dopo la conclusione della personale, non ci fu chi si sognò,
non dico di acquistare, ma nemmeno di chiedere il prezzo d'uno di
quei quadri.
Quando
Torchietti presentò il conto i dispiaceri di tipo artistico
diventarono un'inezia a fronte dei grattacapi di ordine economico
ingenerati dall'avventata impresa. Temo, infatti, che tuttora, a due
anni dal disastro, Ernesto sia ancora alle prese con la rateazione
"generosamente" concessagli. dal gallerista
Vi
starete chiedendo fino a qual punto facessero schifo quei dipinti.
Ora, anche se la vostra domanda mi darebbe modo di saldare qualche
vecchia ruggine che ho con lui, sarei un disonesto se giudicassi le
sue tele degne della pattumiera. Devo anzi ammettere in tutta
franchezza che, costretto a decidere tra l'acquisto d'un poster di
non eccessive pretese ed un quadro firmato da Ernesto, probabilmente,
a parità di prezzo, (e tenuto conto dello stato di necessità in cui
versa il soggetto), potrei anche optare per il quadro.
Temo,
tuttavia, che i vostri dubbi possano fuorviarvi dalle reali
problematiche con le quali sono chiamati a fare i conti quanti
sognano di trarre dalla propria produzione artistica accettabili
mezzi di sostentamento.
Per un
corretto approccio al problema dovreste immaginare un villaggio
marittimo la cui popolazione sia equamente ripartita tra quanti hanno
l'hobby della pesca e coloro che risultano decisamente allergici al
consumo dei prodotti ittici. Ciò premesso, dovreste chiedervi quanto
riuscirebbe a reggere, in un contesto siffatto, chi intendesse
sopravvivere proponendo la vendita di ciò che gli riesce di
arraffare andando in barca.
Decisamente
viviamo in un paese dove il numero degli artisti supera di gran lunga
quello delle persone sensibili alle creazioni del genio. Come non
bastasse, l'Italia può storicamente vantare (si fa per dire) un
patrimonio artistico che, da solo, supera quello di tutti gli altri
paesi messi insieme. Ne consegue che i creativi nostrani, oltre a
fronteggiare la spietata concorrenza dei contemporanei, devono
vedersela anche con quella rappresentata dai trapassati. Bella roba !
Quante
volte (Dio mi è testimone) ho cercato di far ragionare Ernesto
sull'evidenza di questi fatti. Ma lui...niente ! Con la
determinazione d'un kamikaze continua a piombare imperterrito ovunque
sospetta possa esservi gente disposta ad apprezzarlo. Si ostina a
spendere in tele, cornici e colori molto più di quanto non ne
ricavi, mentre le tempestose discussioni che intesse con la moglie
costituiscono ormai la maggiore attrattiva di cui godono i vicini.
Per l'arte farebbe di tutto, a patto che nessuno si sogni di
riproporgli esperienze che abbiano a che vedere con le GALLERIE .
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